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Con il marchio DOC ci si riferisce ad un acronimo che significa Denominazione di Origine Controllata, termine che indica una garanzia di qualità e originalità.

In riferimento ai prodotti vitivinicoli, il marchio DOC è una precisa certificazione di aspetti determinanti della produzione, come:

  • Zona di produzione
  • Tipologia di vitigno
  • Metodi di coltura utilizzati
  • Metodi di vinificazione
  • Concentrazione alcolica
  • Produttività per ettaro
  • Caratteristiche organolettiche

Il marchio DOC nasce essenzialmente per proteggere le varietà vitivinicole europee dalle imitazioni estere, fenomeno contro il quale l’Unione Europea combatte da tempo a livello normativo.

Per ottenere la certificazione DOC è indispensabile, pertanto, che le tipologie di vite analizzate rispondano positivamente ai requisiti richiesti e gli stessi siano in conformità con le vigenti normative europee.

Grazie a commissioni tecniche di degustazione nominate dal Ministero dell’Agricoltura vengono, infatti, prese in considerazione le caratteristiche organolettiche (colore, sapore, limpidezza e odore) del vino, ma soltanto dopo una verifica analitica per stabilire se i parametri corrispondono al disciplinare di produzione.

Facciamo chiarezza e raccontiamo quando è nato e come ottenere il marchio DOC.

L’acronimo DOC (o Denominazione di Origine Controllata) è una sigla istituita dagli anni Sessanta ed utilizzata per una grande varietà di prodotti, ma poi utilizzata in enologia per indicare la zona di origine della raccolta delle uve adibite alla produzione di un vino che riporta il famoso marchio.

Tecnicamente si tratta di un simbolo apposto su un prodotto specifico per indicarne la qualità e le caratteristiche connesse all’ambiente naturale in linea con uno specifico disciplinare di produzione approvato da un decreto ministeriale.

Le origini del marchio DOC risalgono agli anni Cinquanta, quando fu ideato da Rolando Ricci, avvocato e funzionario del Ministero dell’Agricoltura.

A livello normativo la denominazione di origine controllata venne, invece, istituita dal decreto legge n.930 del 12 luglio 1963, mentre i primi prodotti a cui fu attribuita la certificazione DOC furono la Vernaccia di San Gimignano, l’Est! Est! Est! di Montefiascone, l’Ischia DOC e il Frascati DOC che ottennero il prestigioso riconoscimento soltanto nel 1966.

La legge fu emanata al fine di proteggere i prodotti locali dalla concorrenza estera, per quanto l’acronimo fosse riconosciuto anche internazionalmente.

In Francia l’AOC (Appellation d’Origine Contrôllée), l’acronimo corrispondente alla Doc italiana, venne utilizzata per la prima volta il 15 maggio 1936, quando il presidente Albert Lebrun firmò il decreto che riconosceva le prime sei appellation d’origine: Arbois, Cassis, Châteauneuf-du-Pape, Cognac, Monzabillac e Tavel.

Ripercorriamo insieme le varie tappe del sistema di classificazione dei vini italiani a partire dal periodo dell’Unità.

Nel 1861, con l’Unificazione d’Italia, furono accantonate norme e regole sul mondo del vino vigenti fino a quel momento, in quanto ritenute troppo eterogenee.

Per oltre settant’anni non vi fu alcun passo in avanti sul tema della legislazione sui vini a livello nazionale, finché nel 1930 si arrivò ad una prima classificazione qualitativa che prevedeva 3 tipologie: Vini Speciali, Vini superiori e Vini fini.

Nel 1963 fu introdotta una nuova suddivisione dei vini, che vennero catalogati in tre categorie:

  • Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita
  • Vino a Denominazione di Origine Controllata
  • Vino a Denominazione di Origine Semplice.

Nel 1992 con una nuova norma di adeguamento alle linee guida europee in materia vitivinicola l’Italia mantiene la denominazione DOCG e DOC e introduce la denominazione IGT.

Altre due categorie vengono invece introdotte nel 2009 dall’Unione Europea, che rivede le denominazioni precedenti, introducendo la DOP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta), uniformando in questo modo la protezione delle produzioni vitivinicole e agroalimentari.

Anche il termine DOCG, con il quale si fa riferimento alla Denominazione di Origine Controllata e Garantita, fa parte della sigla DOP e oggi viene riconosciuto ai vini di pregio già certificati come DOC da almeno 7 anni.

Ora apriamo quindi una parentesi per analizzare il significato delle due denominazioni più conosciute nel settore enologico, DOP e IGP.

DOP e IGP: definizioni e differenze

Con l’acronimo DOP si intende la Denominazione di Origine Protetta, una sigla riconosciuta a livello europeo che include più di 400 vini e 174 prodotti agroalimentari italiani registrati.

La denominazione IGP (Indicazione Geografica Protetta) indica il nome di un prodotto di una specifica area geografica, regione o paese, per specificarne la provenienza da tale area, dalla quale derivano determinate caratteristiche o qualità.

La stessa produzione o trasformazione del prodotto avvengono nella zona geografica delimitata, permettendo, così, di ottenere precise caratteristiche gustative, ritenute specifiche di una determinata area.

La sigla DOP, così come quella IGP, vengono utilizzate per garantire a livello giuridico il legame tra qualità e territorio in Europa e si riferiscono a marchi di qualità riconosciuti dall’Unione Europea a fronte di un preciso regolamento approvato dal Ministero delle Politiche agricole e forestali.

Proprio per questo motivo entrambi i marchi si ottengono solo per alimenti e vini ricondotti ad un determinato ambiente geografico e secondo un preciso disciplinare di produzione che ne assicura l’oggettività dei requisiti richiesti.

Per ottenere il marchio DOC, oggi ricompreso appunto nella sigla DOP, è dunque indispensabile che il prodotto finale possieda precisi elementi di qualità che dovranno corrispondere a quelli richiesti da un preciso codice tecnico.

Per quanto il marchio DOP e IGP siano accomunati dal nome geografico a cui devono fare riferimento, si distinguono per il fatto che il vincolo al territorio è molto più saldo nel primo rispetto al secondo disciplinare.

Nel caso delle DOP, infatti, tutte le fasi di produzione del vino devono avvenire entro l’area geografica di riferimento, mentre nelle IGP è sufficiente che esista almeno una caratteristica del prodotto da ricondurre alla sua origine geografica per ottenere il marchio.

Pertanto, ciò significa che un vino tipico di una determinata area geografica, prodotto ed elaborato in quella specifica zona, può essere ricompreso nella denominazione IGP anche se le uve sono provenienti da una diversa regione o dall’estero, purché lavorato nella zona indicata seguendo precise metodologie di produzione.

Attualmente sotto la denominazione IGP, oltre a innumerevoli prodotti alimentari (148), sono compresi 119 vini, ai quali si può applicare, in alternativa, anche la sigla IGT o Indicazione Geografica Tipica.

Quest’ultimo acronimo ancora utilizzato ma ricompreso nel marchio IGP è  riconosciuto ai vini prodotti con almeno l’85% delle uve provenienti dalla precisa area geografica individuata.

Come ottenere il marchio DOC: registrare una DOP/IGP

Eccoci arrivati al quesito principale. Per ottenere il marchio DOC e registrare una DOP ed una IGP è necessario attenersi ad una precisa procedura che consta di diversi passaggi, ecco quali sono:

  • Preparazione della documentazione specifica da parte dei produttori.
  • Invio dei documenti alla Regione che li trasmetterà al Ministero.
  • Integrazione e modifiche eventuali della documentazione.
  • Audizione pubblica indetta dal Ministero con la Regione e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale Nazionale.
  • Notificazione della domanda e del Documento Unico alla commissione.
  • Verifica del materiale e richieste di chiarimenti.
  • Pubblicazione della domanda o procedura di opposizione in caso di non pubblicazione.
  • Pubblicazione del regolamento di registrazione della DOP, DOC e IGP.

L’iter da seguire per ottenere il marchio DOC, dunque, è lungo e complesso e può richiedere anche due anni di tempo!

La sostanziale differenza tra DOC, IGT E DOCG risiede nelle diverse norme dei rispettivi disciplinari ma soprattutto nel loro livello di specificità e complessità, da quelle più generiche previste per la IGT a quelle più specifiche riguardanti la DOCG.

Marchio DOC E IGT: i vini Cantine di Dolianova

La certificazione di qualità ottenuta dai vini Cantine di Dolianova è una garanzia dell’eccellenza dei prodotti della nostra azienda.

La Linea Top si compone di vini pluripremiati che esprimono il gusto autentico delle nostre produzioni, dal Blasio, Cannonau di Sardegna Doc Riserva al Falconaro e Terresicci, Rossi Isola dei Nuraghi IGT e Montesicci, Nasco di Cagliari Doc.

La Linea Horeca è prodotta da uve selezionate e include vini commercializzati per essere degustati alla mescita nei principali ristoranti insieme ai piatti prodotti dagli chef e dai più grandi sommelier.

All’interno di questa linea, vini quali l’Anzenas, l’Arenada e il Rosada possiedono la denominazione DOC, così come il Prendas e Perlas, due bianchi di qualità.

Del marchio DOC e IGT si fregiano anche i vini della Linea GDO, della quale fa parte la storica Linea Dolia, che ha segnato un importante cambiamento di qualità delle nostre Cantine, la Linea Santesu, nata per rispondere alle esigenze del mercato internazionale e la Linea che include tre prodotti di qualità quali il Naeli, Vermentino di Sardegna Doc, il Sibiola, IGT Rosato e il Moscato di Sardegna Doc.

La qualità dei nostri vini viene spesso riconosciuta dagli esperti.

Le Cantine di Dolianova ottengono regolarmente dei riconoscimenti nei principali concorsi internazionali. Negli ultimi 10 anni i nostri vini sono stati premiati più di 100 volte, mentre dal 1949 ad oggi i riconoscimenti ottenuti sono più di 500.

Ecco perché amiamo dire che ogni bottiglia è un inno alla Sardegna.

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