Cosa sono i solfiti
I solfiti sono composti chimici (biossido di zolfo o SO2) presenti naturalmente in tutti i tipi di vino come prodotto naturale della fermentazione alcolica.
Essi sono degli ioni composti da zolfo e ossigeno che agiscono come conservanti per preservare il vino in tutte le fasi della vinificazione, con il compito preciso di inibire l’azione dei batteri, responsabili del deterioramento del prodotto.
Grazie a proprietà antimicrobiche e antiossidanti, i solfiti nel vino consentono, infatti, di preservarne la qualità, mantenendone intatte anche le caratteristiche organolettiche, senza alterarne dunque gusto e aroma.
Oltre ad essere prodotti in modo naturale durante la prima fermentazione dell’uva, nel momento in cui si forma l’anidride solforosa appunto, i solfiti possono anche essere aggiunti artificialmente poiché la quantità prodotta naturalmente non è sufficiente a proteggere il vino dall’azione batterica e a preservarne il sapore.
Proprio questa è la linea sottile che separa i solfiti naturali dagli additivi, oltre a rappresentare la causa di un vero e proprio dibattito che oggi è sfociato in una vera e propria demonizzazione dei solfiti, ritenuti sostanze pericolose per l’organismo.
Prima di capire se questi composti hanno reali conseguenze negative per la salute, apriamo una piccola parentesi per capire meglio quando si ricorre all’aggiunta di solfiti nel vino e perché.
Solfiti nei vini: quando si aggiungono e perché
Tutti i vini contengono in media 10 milligrammi per litro di solfiti, che non vengono dichiarati in etichetta perché fanno parte del processo con cui essi sono naturalmente prodotti.
La quantità di anidride solforosa presente naturalmente nel vino varia, inoltre, a seconda della tipologia e delle sue caratteristiche e in modo particolare in rapporto al contenuto di zucchero.
I vini in commercio, infatti, ne contengono da dieci a venti volte di più in quanto i solfiti vengono spesso aggiunti nei momenti chiave della vinificazione, e a seconda dei vini, per evitare una possibile fermentazione indesiderata o innescare un’ossidazione del prodotto.
Lo zolfo, in particolare il bisolfito di sodio, viene infatti aggiunto all’uva dopo la raccolta per evitarne l’ossidazione del succo e per bloccare la proliferazione di lieviti e microbi che comprometterebbero la qualità del vino prodotto.
Al termine della fermentazione i solfiti sono invece aggiunti per consentire una corretta conservazione del vino e favorire la produzione di un mosto il più possibile limpido.
Solfiti e vini bianchi
I vini bianchi generalmente contengono più solfiti di quelli rossi: insieme ai vini rosé sono quelli più soggetti a degradazione in quanto non contengono antiossidanti naturali e sono maggiormente esposti all’ossidazione, per questo motivo tendono a ricevere maggiori dosi di anidride solforosa durante la vinificazione.
I vini dolci in particolare richiedono una quantità maggiore di solfiti poiché non trasformano tutti gli zuccheri in alcol e quindi continuano a fermentare.
I vini che contengono meno solfiti in assoluto sono invece quelli rossi e quelli da uve biologiche, per i quali i disciplinari ne prevedono soglie molto più basse, circa la metà di quelli aggiunti nei vini convenzionali.
Solfiti e vini rossi
I vini rossi, invece, contengono naturalmente antiossidanti e sostanze polifenoliche che ne favoriscono una migliore conservazione: i solfiti aggiunti artificialmente in questo caso hanno il ruolo di fissare e stabilizzare il colore estratto dalle vinacce.
Dunque nessun vino sembra essere privo di solfiti ma, nonostante essi siano fondamentali per preservarne aromi e proprietà, esistono molte reticenze su queste sostanze, ritenute dannose per la salute.
Quali sono le reali conseguenze per l’organismo?
Solfiti nel vino: conseguenze per la salute
Quello dei solfiti nel vino e delle conseguenze per la salute è un dibattito che divide da una parte chi teme che queste sostanze possano essere nocive e chi invece ritiene che, se usate in piccole quantità, non debbano essere motivo di preoccupazione. Alcune persone lamentano una frequente emicrania, attribuendola spesso ai solfiti, ma essa ha spesso a che fare con la quantità di vino assunto ed è legata alle istamine in esso presenti.
Le conseguenze per la salute che queste sostanze sono in grado di generare non sono di tipo allergico.
Infatti affinché i solfiti possano scatenare una reazione allergica è necessario ingerirne una quantità piuttosto elevata, pari o superiore ai 1500 mg per kg corporeo.
Il Regolamento Comunitario, ai fini di preservare la salute del consumatore, stabilisce la quantità massima di solfiti ammessa in aggiunta al vino, che in quelli rossi deve essere pari a 150mg/l, in quelli bianchi è di 200mg/l, mentre nei vini dolci e in quelli passiti sale rispettivamente a 250mg/l e a 400mg/l.
Soltanto per i vini biologici è previsto un limite piuttosto ridotto, pari a 100mg/l per i rossi e 150mg/l per bianchi e rosati.
I solfiti, dunque, in quantità moderate, non sono nocivi per la salute e, se utilizzati nelle giuste proporzioni, favoriscono la produzione di vini di qualità, a cui concorrono anche le tecniche adottate e l’uso delle materie prime nelle fasi di vinificazione.
Uno dei modi per contenere l’uso dei solfiti è l’aggiunta di lieviti selezionati per innescare più rapidamente possibile il processo di fermentazione alcolica, come avviene per la produzione del Vermentino di Sardegna Doc Cantine di Dolianova.
Per produrre questo vino le uve subiscono una diraspapigiatura seguita da una pressatura soffice. Il mosto ottenuto viene poi chiarificato per decantazione statica a freddo e la frazione pulita è inoculata con lieviti selezionati. La fermentazione è condotta a temperature di 14-16°C per quattordici giorni circa.
Al termine il vino resta a contatto con le proprie fecce nobili per circa 45 giorni ed è imbottigliato nella primavera successiva alla vendemmia per conservare intatte le sue caratteristiche di freschezza.
Oltre a consumare vini di qualità, per ridurre al minimo gli effetti dei solfiti è consigliabile far decantare il vino o lasciarlo ossigenare nel bicchiere prima di berlo, questo semplice accorgimento ridurrà fino al 40% l’anidride solforosa presente.